In data 29-12-2010, giusto in tempo per brindare all’anno nuovo nasce un ulteriore adempimento.

In caso ci commercio di beni/servizi Intra UE, si dovrà comporre un’autocertificazione per richiedere di essere inseriti all’interno della lista Vies di quelle aziende che potranno mantenere la possibilità di continuare nel loro commercio.

La normativa, in realtà esiste già per coloro che aprono la partita Iva per la prima volta, dato che sul modello di richiesta (AA/7; AA/9) bisogna barrare o non barrare una casellina che definisce se si desidera effettuare operazioni con i Paesi Comunitari.

Ora l’adempimento viene reso obbligatorio anche per tutti quei soggetti che posseggono già la Partita Iva.

L’obbligo attuale è stato introdotto dall’art. 27 del Decreto Legge 78/2010 (Manovra Estiva) e viene attuato dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29/12/2010.

Questo provvedimento propone una distinzione fra coloro che erano già attivi al 31-05-2010 data di entrata in vigore del decreto, e coloro che invece aprono la partita per la prima volta dopo quella data.

Mentre per i secondi la scelta va operata sul modello di attribuzione della partita Iva, per i primi nascono alcune problematiche. Tutti coloro che non hanno mai operato con i corrispondenti Intracomunitari e, per le loro caratteristiche o per la caratteristiche dell’attività prestata, risulterà difficile che lo facciano anche in futuro, non devono fare nulla. Tutti coloro che, diversamente effettuano regolarmente operazioni con i Paesi Intra UE o intendono, in futuro, effettuarne si apre il dilemma della comunicazione in autodichiarazione. In sostanza questi soggetti dovranno presentare con Raccomandata RR all’Agenzia delle Entrate competente un’autodichiarazione contenete la volontà di effettuare operazioni con soggetti intra UE, entro il 28/02/2011, pena l’esclusione dall’elenco e l’impossibilità di effettuare commercio intracomunitario.

L’autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate si manifesta mediante silenzio assenso se, trascorsi 30 giorni dall’invio non si riceve un diniego. Permane il divieto di effettuare operazioni all’interno del periodo dei 30 giorni.

Vi sono delle esclusioni. Sono esclusi dall’adempimento tutti quei soggetti che essendo in possesso della partita Iva anteriormente al 31-05-2010 abbiano:

  • Presentato i modelli intrastat delle cessioni di beni/servizi e degli acquisti di beni/servizi per il periodo 2009 e 2010;
  • Abbiano adempiuto regolarmente agli obblighi Iva per l’anno 2009.

Complicazioni da interpretare.

Innanzitutto per i soggetti già attivi che hanno prodotto solo il modello Intra per gli acquisti ma non per le cessioni, se non adempiono con una richiesta generalizzata a tutte le operazioni, rischiano di non poter effettuare cessioni Intra Ue per mancanza di autorizzazione specifica. Naturalmente quanto appena detto vale in caso di cessioni e non di acquisti.  Ancora sembrerebbe che chi si trovasse nella condizione di esonero fosse iscritto all’elenco Vies di diritto, ma questo non è specificato nella norma. La comunicazione andrebbe eseguita, in realtà, entro il 29 gennaio 2011 dato che i 30 giorni scadono il 28 febbraio e da quella data si rientra nell’autorizzazione. Quantomeno servirebbe una precisazione sul termine dei 30 giorni affinché non venga considerato di sospensione dell’attività, proprio perchè l’adempimento è possibile entro il 28 febbraio.

Tutti coloro che si trovano ad effettuare operazioni Intra Ue occasionali (acquisti Internet su vari siti, pubblicità su google, ecc…), si trovano in estrema difficoltà dato che dovranno ricordarsi di richiedere l’autorizzazione entro 30 giorni dal manifestarsi dell’operazione occasionale.

CONSIGLIO.

SAREBBE IL CASO DI EFFETTUARE LA COMUNICAZIONE COMUNQUE ANCHE IN CASO DI ESONERO. PER NON INCORRERE NE’ IN SOSPENSIONI NE’ IN ESCLUSIONI, CHIEDENDO L’AUTORIZAZIONE IN MANIERA GENERALIZZATA PER TUTTE LE OPERAZIONI CON I PAESI INTRA UE, SEMPRE CHE IL COMMERCIO SIA DI TIPO CONTINUATIVO E NON OCCASIONALE.

TRANSFER PRICING

La disciplina che regola il transfer pricing o dei prezzi di trasferimento è contenuta nelle norme sul fisco internazionale e, quindi nei principi Ocse.

Il transfer pricing è una disciplina di uso comune nei grandi gruppi strutturati che operano in più paesi sia comunitari che non.

Se in un gruppo la produzione avviene in un paese dove manodopera e materia prima costano il 50% in meno che in altri paesi e la sede legale si trova in un paese terzo con costi molto più elevati, quando si immettesse il prodotto finito nel mercato globale dopo aver ceduto lo stesso alla casa madre, residente in luogo con prezzi molto più elevati,  si otterrebbe un arricchimento molto più vantaggioso del produrre a prezzi presenti nel luogo della sede legale. In sostanza il cittadino/contribuente che applica un simile atto di trasferimento dei prezzi sul luogo di maggior vantaggio, ha l’onere di dimostrare che tale realtà non viene attuata per ottenere un risparmio fiscal ma è dovuta a reale risparmio di costi, atto lecito e previsto dalle normative in tema di reddito di’impresa.  Il decreto 78/2010 ha introdotto un adempimento che doveva essere eseguito entro il 28/12/2010 che prevede la produzione di uno standard documentale da inviare entro quella data all’Agenzia delle Entrate in modo tale che, in caso di accertamento per scostamenti dovuti all’applicazione favorevole dei prezzi di trasferimento si possano evitare le sanzioni pagando solo l’imposta sul differenziale.

La disciplina nazionale contro i prezzi di trasferimento è contenuta nel Tuir all’art. 110 comma 7 il quale dispone che i prezzi si calcolano in base al valor normale dei beni ceduti sia che ciò provochi aumento del reddito sia che ciò provochi diminuzione del reddito tassabile.

Ma veniamo alla Documentazione da produrre in caso di accertamento per evitare l’applicazione delle sanzioni previste dal D.lgs. 471/97.

Bisogna predisporre una documentazione standardizzata che tenda a costruire il valore normale da applicare alle cessione alle quali sono interessati soggetti che rientrano nell’applicazione dell’art. 110 del tuir.

La documentazione dovrà ricomprendere un Master file (relativo al gruppo di imprese) e da uno specifico documento per ciascun paese in cui l’entità opera (countryfile). I criteri dei due file sono descritti nel decreto legge e riguardano per il gruppo e pr il paese in cui esso si trova ad operare:

  1. Descrizione della strategia di gruppo e di impresa;
  2. Posizionamento nel mercato di riferimento;
  3. Descrizione generale della struttura organizzativa;
  4. Descrizione delle transazioni controllate in cui intervengono imprese associate residenti nella UE;
  5. Descrizione delle funzioni e dei rischi;
  6. Priorità beni immateriali;
  7. Politica del gruppo;
  8. Elenco degli accordi di ripartizione dei costi;
  9. Impegno a fornire informazioni supplementari su richiesta ed entro un periodo di tempo ragionevole. 

COSTI BLACK-LIST

Dal 02/11/2010 è attivo un adempimento che riguarda tutti gli operatori che effettuano operazioni iva con i paesi presenti all’interno della c.d. black-list, almeno fino a quando manterrà tale denominazione per poi transitare in white-list.

Le black list sono 3:

  1. La lista del 1999 relativa a tutti i paesi con i quali non esistono rapporti di scambio di informazioni amministrative e fiscali;
  2. La lista del 2001 che prevede i paesi dove risulta applicabile la disciplina Cfc (controller foreign companies);
  3. La lista ………………………………….

L’adempimento consiste nell’individuare le operazioni iva con questi paesi e descriverle in un modello simile a quello di comunicazione Iva indicando il paese di residenza dell’operatore e l’importo delle merci scambiate.

Anche la Svizzera appartiene a questa lista e non appartiene all’UE.

In questo si rischia di effettuare un doppio adempimento: uno relativo all’invio telematico dell’elenco delle operazioni verso paesi black-list e l’altro legato all’introduzione dei modelli Intrastat per i servizi con i paesi comunitari.

INTERPELLO CFC

Sappiamo tutti che per mantenere rapporti con collegate o controllate estere residenti in paesi a fiscalità privilegiata bisogna dimostrare che l’operazione possiede una propria effettività economica.

Per far ciò esiste la procedura dell’Interpello disapplicativo dove l’Agenzia delle Entrate deve rispondere entro 120 gironi oltre i quali scatta il silenzio assenso.

La controllante, per vedersi riconoscere i costi sostenuti per operazioni con controllate estere posizionate in Paesi a fiscalità privilegiata devono dimostrare il radicamento della controllata estera nel mercato di riferimento che vuol dire nella realtà geopolitica dello Stato di residenza. Dovranni essere dimostrati: la disponibilità in loco di una struttura organizzativa, il mercato di riferimento deve essere riferito al mercato di sbocco o a quello di approvvigionamento. Potranno essere fornite anche altre valide ragioni economiche che hanno spinto l’impresa partecipante ad investire nel territorio a fiscalità privilegiata. Attenzione al fatto se i proventi della controllata provengono per più del 50% da proventi finanziari (royalties, beni immateriali, ecc.). Questo viene definito principio del radicamento. In alternativa può essere fornita la prova del tax rate del gruppo in funzione della tassazione che grava sulla Cfc. Deve essere dimostrato che l’imposizione sulla Cfc è almeno pari al 27,5% .

L’interpello deve essere ripresentato annualmente soprattutto se le condizioni precedenti si modificano.

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